Politiche attive per lavoro e produttività

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La ripresa economica dell’Italia dipende, per buona parte, da un incremento della produttività del lavoro. Ciò richiede, in primo luogo, investimenti significativi e mirati per formare e riqualificare, a tutti i livelli, la “forza lavoro” del nostro Paese. Le politiche attive per il lavoro possono influire positivamente, vediamo come.

Politiche attive per il lavoro: a chi si rivolgono

In prima linea ci sono i cosiddetti NEET, cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano. In Italia sono più di due milioni, circa il 23 per cento della popolazione in questa fascia di età: un record in Europa (la media europea è pari al 12,9 per cento).

Ma anche le persone attive, sia giovani che adulte, hanno necessità, per buona parte, di essere riqualificate, in quanto le professionalità tradizionali spesso non sono più richieste, mentre si aprono nuove prospettive di lavoro, che richiedono competenze diverse, oggi non esistenti e ciò non solo nel settore della tecnologia informatica. Secondo lo studio “il futuro del lavoro” del World Economic Forum, il 50 per cento dell’attuale forza lavoro dovrà a breve essere riqualificata.

Chi si occupa di politiche attive per il lavoro deve tener conto di questi dati e portare avanti iniziative a partire da essi.

Politiche attive per il lavoro: Garanzia Giovani

Tornare a investire massivamente nelle politiche attive per il lavoro risulta indispensabile e urgente soprattutto in ambito giovanile.

Le risorse potrebbero arrivare, ancora una volta, dall’Europa. Lo strumento già esiste ed è quello di Garanzia Giovani. Questo programma di formazione, ormai collaudato da anni, dovrebbe essere rimodulato, in modo da poter rispondere in modo più efficace alle mutate esigenze, soprattutto nell’ambito digitale e in quello delle nuove tecnologie.

Occorre che il nostro sistema politico, sia a livello nazionale che regionale, prenda coscienza che il nostro benessere futuro e la qualità del nostro sistema sociale dipendono in larga misura dalla nostra capacità di migliorare istruzione e formazione. In assenza di un capitale umano di qualità non solo cala la produttività e quindi non c’è ripresa economica, ma non vi è neppure cittadinanza attiva e responsabile e una classe dirigente all’altezza delle sfide di un mondo complesso e in continua evoluzione.